di  Valentino Parlato - La sinistra senza lavoro - Questo libro di Paolo Ciofi, opportunamente pubblicato dalla manifestolibri, è innanzitutto uno straordinario strumento di lavoro per chi pensa che ci sia ancora uno scontro tra proprietà e lavoro e che la sociètà sia divisa ancora in classi, Con le sue 319 pagine, 701 note e un indice dei nomi lungo 5 pagine è una vera «cassetta degli attrezzi».

Un libro utile nel senso che dava a questo aggettivo il buon Brecht, ma anche di estrema attualità. Il lavoro senza rappresentanza recita il titolo, e si potrebbe aggiungere, quasi a sottotitolo, «Come i rappresentanti della sinistra hanno perso i lavoratori». Mai come in questi anni c'è, e non solo in Italia, una crisi delle sinistre, anche di quelle radicali, così profonda. E, proprio per questo è molto convincente, il mio antico direttore, Luciano Barca, quando nella sua recensione pubblicata dal bimestrale Etica ed Economia scrive che questo libro affronta «il nodo della crisi della sinistra nei suoi termini strutturali e fondamentali».

Il saggio documenta e denuncia come i lavoratori dipendenti ormai non votino o votino abbondantemente per la Lega e i partiti di destra e come lo svuotamento dei partiti sia stato provocato e abbia aiutato questa separazione. Oggi i Ds prendono più voti ai Parioli a Roma che  nelle periferie o nelle borgate. Questi sono dati di fatto che il libro di Paolo Ciofi documenta ad abundantiam. Ad aggravare la situazione c'è poi il fatto che la sinistra rimuove questa crisi, si sforza di non vederla, non la studia, non la analizza. Quando negli anni Cinquanta ci fu il passaggio dall'operaio professionale all'operaio massa con la conseguente sconfitta della Cgil nelle elezioni delle commissioni interne in Fiat, il sindacato di Di Vittorio, e anche di Trentin, studiò quel che era cambiato e cambiò le rivendicazioni e le forme di lotta. Il Pci organizzò convegni di studio e le conferenze operaie che furono anche occasioni di scontro interno al partito (Luciano Barca ricorda). Oggi non c'è niente di tutto questo: nessuno sforzo diagnostico e i medici ci insegnano che senza una buona diagnosi non c'è cura efficace.

Certo, c'è stato un grande cambiamento nel mondo del lavoro; ci ripetiamo continuamente che il ciclo fordista è finito, com'era finito quello della manifattura, c'è un cambiamento nei modi di produzione e quindi anche nei rapporti di produzione, le tipologie contrattuali si sono moltiplicate e c'è una proliferazione di lavoro, cosiddetto autonomo (Giorgio Lunghini direbbe «eterodiretto»), non c'è più la centralità della grande fabbrica e si diffonde il telelavoro.

Tutto questo è stranoto, il guaio è che le forze politiche che continuano ad autodefinirsi di sinistra non si sforzano di riportare in evidenza i rapporti di produzione e quindi di ritrovare una nuova unità dei lavoratori dipendenti e sfruttati. Non riuscendo (e non volendo) ritrovare il lavoratore ripiegano sul cittadino o sul consumatore (e neppure alla maniera di Debord) e quindi si va al «salario di cittadinanza», che fa pensare alle storiche e precapitalistiche leggi sui poveri oppure alla concertazione o alla politica dei redditi, che in tempi migliori la sinistra combatteva.

Il lavoro senza rappresentanza recita il titolo del libro, dopo averlo letto viene da suggerire un altro titolo, Le sinistre senza lavoro, disoccupate e che si affannano a tirare a campare con quel che capita.

di Valentino Parlato da ilmanifesto del 23 luglio 2004