I - Nell’introdurre i lavori di questo nostro incontro non è superfluo osservare che ogni qual volta il capitalismo entra in crisi - e ciò si verifica sempre più frequentemente, fino a diventare uno stato permanente - Carlo Marx, dato per morto e sepolto, regolarmente ricompare e oggi il suo spettro aleggia di nuovo in Europa e nel mondo. Al punto tale che Time, settimanale americano con svariati milioni di lettori, è arrivato a scrivere che «Marx aveva ragione». E l’Economist, caposcuola britannico del pensiero liberale, ha affermato di recente che «la principale ragione per cui Marx continua a suscitare interesse è che le sue idee sono più pertinenti oggi di quanto non lo siano state negli ultimi decenni».
Tuttavia, una reticenza permane proprio sulla questione di fondo, ossia sulla natura del capitale. Giacché, scoprendo l’arcano del capitale, vengono in chiaro le ragioni delle sue crisi e le condizioni del suo superamento. Due aspetti inscindibili che hanno fatto di Marx uno dei pensatori più potenti e al tempo stesso un rivoluzionario instancabile, che concretamente lottava per trasformare la realtà: un esempio di coerenza, di alta moralità. La personificazione dell’unità tra teoria e prassi.
Una «immane raccolta di merci», osserva il pensatore e rivoluzionario di Treviri, caratterizza la società dominata dal capitale. Ma cos’è il capitale? Non semplicemente una somma di denaro, che a conclusione della produzione e della circolazione della merce, o dell’impiego nella finanza, si trasforma in una somma maggiore di quella investita; e che ci appare nelle più svariate forme di capitale industriale, bancario, fisso, costante, variabile e così via. Fino al capitale cosiddetto umano, in cui nel nostro tempo, ridotti a cose, si identificano gli esseri umani che producono ricchezza.
Che cos’è allora il capitale? Una cosa? Un’entità materiale o immateriale? Un insieme di macchinari e di materie prime? Di conoscenze scientifiche e tecnologiche? È un algoritmo? Un accumulo di mezzi finanziari ben nascosti nei paradisi fiscali? «Il capitale - risponde Marx - non è una cosa, bensì un determinato rapporto di produzione sociale, appartenente ad una determinata formazione storica». Ed «è costituito - sono sue parole - dai mezzi di produzione monopolizzati da una parte della società» con lo scopo di ottenere un profitto. Mentre un’altra parte della società, che comprende di gran lunga la maggioranza, «è soltanto proprietaria della condizione personale della produzione», ossia delle proprie soggettive capacità fisiche e intellettuali che chiamiamo forza-lavoro, venduta al mercato in cambio dei mezzi per vivere.
Quindi, secondo Marx, lo sfruttamento di esseri umani da parte di altri esseri umani sulla base di determinati rapporti di proprietà caratterizza il capitale come rapporto sociale. Una contrapposizione tra classi sociali oggettiva, su cui s’innalza l’intero edificio della economia, della società e dello Stato, della cultura e della politica.
Non ci sono, in tale visione, presunte leggi economiche che alla stregua di quelle naturali renderebberoCONVEGNO Marx e il capitale come rapporto sociale Locandina 350 min immodificabile lo stato delle cose presente. Risalendo dalle merci e dunque dal rapporto tra cose, e da impersonali entità numeriche e quantitative, Marx porta alla luce le relazioni tra gli esseri umani, che proprio in quanto tali hanno un inizio e una fine. E perciò si possono cambiare edificando una civiltà più avanzata in cui si ridefiniscano i principi di libertà e di uguaglianza. Emerge così la possibilità di un processo rivoluzionario che rovesci l’ordine costituito, e in pari tempo un filo rosso che lega l’intero percorso di una vita, e che potremmo chiamare l’umanesimo integrale di Carlo Marx.
Il capitale, sempre mutevole e proteiforme, nel corso della sua storia e del suo movimento senza fine non ha mai rinunciato allo sfruttamento del lavoro, a sua volta mai uguale a se stesso. Se lo avesse fatto, avrebbe decretato la sua morte. Con l’ascesa della borghesia – è scritto nel Manifesto del partito comunista di Marx ed Engels - «si dissolvono tutti i rapporti stabili e irrigiditi, con il loro seguito di concetti antichi e venerandi». «All’antica autosufficienza e all’antico isolamento locali e nazionali subentra uno scambio universale». E come per la produzione materiale, così per quella intellettuale.
Un processo che ha coinvolto miliardi di esseri umani, liberando e diffondendo ovunque nel mondo la forza-lavoro, ovvero la merce indispensabile per ottenere i profitti. Una merce speciale, di certo non scomparsa nella fase del capitalismo digitale finanziarizzato e anzi oggi massimamente diffusa, il cui uso in cambio di un salario genera per chi la compra un valore superiore al suo costo: un plusvalore determinato dal lavoro non pagato, che misura il grado di sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori, ed è alla base del profitto e dell’accumulazione dei capitali.